Perché andare in psicoterapia?

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Costa molti soldi, è un impegno di tempo e per di più è faticoso a livello mentale. Andare in terapia è un vero e proprio dispiego di energie, è un lavoro. Dunque perché farlo?

La terapia, ed io vi parlo di quella ad orientamento analitico che, come vedete nella vignetta un po’ spiritosa che ho preparato, si può sintetizzare in un gran attorcigliamento di pensieri portati dal paziente. Talmente grande che sembra non avere né un inizio né una fine.

Il terapeuta prende il filo giusto (e per filo giusto intendo quello adatto al momento di vita della persona) e ne fa una sciarpa, un berretto, un maglioncino, insomma contribuisce a dare una nuova forma al pensiero.

trascrizione

La terapia psicoanalitica

Perché andare in psicoterapia? (Trascrizione)

Costa molti soldi, è un impegno di tempo e per di più è faticoso a livello mentale. Andare in terapia è un vero e proprio dispiego di energie, è un lavoro. Dunque perché farlo?

La terapia, ed io vi parlo di quella ad orientamento analitico che, come vedete nella vignetta un po’ spiritosa che ho preparato, si può sintetizzare in un gran attorcigliamento di pensieri portati dal paziente. Talmente grande che sembra non avere né un inizio né una fine.

Forse proprio qui sta il nucleo centrale del lavoro analitico, che somiglia a quanto descritto da Bion (psicoanalista inglese del 1900) sul lavoro della madre con il bambino.

La madre partecipa allo sviluppo del bambino per dare una risposta emotiva corretta. Funge da contenitore, digerisce ed elabora gli elementi beta, primitivi, disorganizzati del bambino e li restituisce al figlio in elementi alfa, riformulati ed adeguati alla realtà.

La funzione della madre di metabolizzare, di grande stomaco esterno (che si chiama reverie materna) consente al bambino di digerire il materiale non pensabile, presimbolico e viscerale. Come tanti animali fanno, masticando il cibo per poi darlo in pasto ai loro piccoli, in una forma per loro adatta.

E perché serve il terapeuta per fare questo? Perché da soli non ce la si fà?

Non tutti gli stomaci sono pronti per la digestione… Il nostro inconscio che è alla base della teoria delle terapie ad indirizzo analitico, in quanto non conscio non è facilmente accessibile né a noi né agli altri.
Il setting analitico (le libere associazioni, il lavoro sui sogni, spesso il non contatto visivo con il terapeuta) permette una fuoriuscita di materiale che però rimane disordinato e disorganizzato e, proprio perché nostro, non interpretabile da noi.

Serve l’altro, serve la reverie dell’altro, la presenza dell’altro per mangiare e digerire e restituire il filo giusto.

Si può trascorrere una vita intera senza mai andare in terapia, senza grossi problemi. Il farlo però ci responsabilizza nei confronti di noi stessi e ci regala dei nuovi margini di libertà, cioè ci consente di esprimere liberamente ciò che siamo davvero.

Nel rapporto con gli altri, siano questi amici, fidanzati, genitori, soprattutto figli, è possibile avere relazioni scevre dai condizionamenti del passato che ci portiamo dietro come un carretto piuttosto pesante. Siamo talmente abituati a quel carretto da non vederlo neppure. E però c’è, è voluminoso, occupa tanto spazio e non è tutta roba nostra. Ce ne possiamo liberare.

Tornando all’inizio, non è facile, non è semplice, non è bello talvolta, è una scelta coraggiosa che porta doni inattesi.